Oltre che ad altre responsabilita’ ambientali quali deforestazioni selvagge,coltivazioni intensive OGM,coltivazioni “ossessive” di olio di palma e suo pesante utilizzo negli alimenti anche infantili, queste multinazionali “vantano”,secondo le analisi confermate da Oxfam,il pesante fardello di emettere 263,7 tons di gas serra,piu’ di Finlandia, Svezia, Danimarca, Norvegia e Islanda messe assieme.
Ma chi sono?
- Associated British Foods
- Coca Cola
- Danone:
ACQUE MINERALI: Ferrarelle, Igea, Antica Fonte, Boario, Fausta, Vitasnella, Evian
YOGURT E AFFINI: Yogurt Danone, Vitasnella, Actimel, Danito, Danette
BISCOTTI E AFFINI (GRUPPO SAIWA): Ritz, Oro Saiwa, Oro Ciok, Crackers Premium Saiwa, Cipster, Biscotti Tuc, Pansaiwa, Urrà, Biscotti Vitasnella, Dolcezze del mondo, Le frolle, Wafer Saiwa, Lu
ALTRI PRODOTTI (GRUPPO GALBANI): Vallelata Galbani, Mozzarella Santalucia, Galbanino, Bel Paese, Certosa Galbani
- General Mills:
- Kelloggs
- Marte,
- Mondelez International,
- Nestlé:
Acque minerali e Bevande: Claudia, Giara, Giulia, Levissima, Limpia, Lora Recoaro, Panna, Pejo, Perrier, Pra Castello, San Bernardo, San Pellegrino, Sandalia, Tione, Ulmeta, Vera, Acqua Brillante Recoaro, Batik, Beltè, Chinò, Gingerino Recoaro, Mirage, Nestea, One-o-one, San Pellegrino, Sanbitter.
Dolci, gelati, merendine: Le ore liete, Cheerios, Chocapic, Fibre 1, Fitness, Kix, Nesquik, Trio, Kit Kat, Lion, Motta, Alemagna, Baci, Cioccoblocco, Galak, Perugina, Smarties, Antica Gelateria del Corso
Cacao, caffè e derivati: Cacao Perugina, Nescafè, Malto Kneipp, Orzoro.
Carne e pesce: Vismara, Mare fresco, Surgela,
Frutta e Verdure (anche sottolio e sottaceto): Condipasta, Condiriso, Berni, la Valle degli Orti
Latticini e yogurt: Formaggi Mio, Fruit joy, Fruttolo, Lc1.
Olio e derivati: Sasso, Sassonaise, Maggi,
Latte in polvere: Guigoz, Mio, Nidina, Nestum.
- PepsiCola
- Unilever
Lipton Ice Tea, Coccolino, Bio presto, Omo, Surf, Svelto,Cif, Lysoform, Vim, Algida, Carte d’Or, Eldorado, Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri, Findus, Genepesca, Igloo, Mikana, Vive la vie, Calvè, Mayò, Top-down, Foglia d’oro, Gradina, Maya, Rama, Bertolli, Dante, Rocca dell’uliveto, San Giorgio, Friol, Axe, Clear, Denim, Dimension, Durban’s, Mentadent, Pepsodent, Rexona,
Più emissioni di CO2 dalle “Big 10” del cibo rispetto a tutti i Paesi del Nord Europa. Un nuovo rapporto della Oxfam punta il dito contro le dieci grandi aziende alimentari mondiali che da sole, se raggruppate, riuscirebbero a diventare il 25/o Paese più inquinante del mondo.
L’analisi, chiamata “Standing on the Sidelines”, avverte come i marchi domestici più famosi nel mondo “non stiano facendo abbastanza” nonostante il cambiamento climatico minacci direttamente la fornitura continua degli ingredienti necessari per i loro prodotti, la loro forza economica e la necessità di alimentare un popolazione in crescita.
Secondo l’organizzazione le Big 10 – eccetto “poche eccezioni” – “sono complici silenziose della crisi climatica in atto”. “Non riescono ad utilizzare la loro esperienza, leadership e potere per trasformare la propria industria e spingere ad un’azione per il clima di cui il mondo ha bisogno”. Oxfam ribadisce infatti che le aziende sarebbero in grado di tagliare le loro emissioni combinate di 80 milioni di tonnellate entro il 2020. Le peggiori in questo senso sono – secondo Oxfam – Kelloggs e General Mills, che fra le altre cose “continuano a tollerare nella propria catena di approvvigionamento massicci tassi di deforestazione”, nonostante siano entrambe “altamente vulnerabili agli impatti del clima”.
Come conseguenza dell’aumento dei prezzi delle materie prime si stima infatti che il prezzo al dettaglio dei Kelloggs Corn Flakes possa salire di oltre il 44% nei prossimi 15 anni. “Queste aziende hanno il dovere di scendere in campo ed usare la loro influenza per richiedere provvedimenti climatici urgenti con governi ed altre industrie”, garantendo inoltre “che le loro catene di approvvigionamento siano in grado di produrre gli ingredienti in modi più equi e sostenibili”.
Il cambiamento climatico sta contribuendo ad un aumento significativo di tempeste, inondazioni, siccità e ad uno spostamento dei modelli meteorologici che causano cattivi raccolti, interruzioni delle forniture e picchi dei prezzi alimentari. Considerando quella che Oxfam chiama “la dimensione umana”, entro il 2050 si potrebbe arrivare ad un picco di 25 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni mal nutriti e portare alla fame 50 milioni di persone.